Month: December 2016
Sacco Claus

La “Cultura” oggi e nel passato
Paola Capone
Il web e la morte del senso critico ( quello per cui i filosofi si sono bruciati il cervello per millenni). E’ come se ad un tratto fossero fruibili al mondo intero, ignoranti e dottori, tutti i quadri e le opere d’arte del mondo, indistintamente, così, senza un ordine cronologico e senza spiegazioni. Da una parte è cosa buona e giusta. Dall’altra c’è chi dirá ” a me piace quello” “a me quell’altro” “ma è osceno!” “non si capisce” ” che schifo quello che disegna facce come cubi” è più bello quello di quell’altro” galleggiando in questo modo tra osservazioni lecite ma insensate ai fini della vera comprensione dell’arte. Tutti parlano senza in realtà dire nulla e poi tanto nessuno chiederà loro conto di tali affermazioni. Anzi. Le vocine dei pochi competenti saranno coperte dal berciare di urlatori improvvisati.Ecco a cosa servono le scuole, le università, i libri. Si comincia dai graffiti primitivi, dall’Egitto, dalla Grecia Attica e studi solo quello prima di passare all’argomento successivo, approfondisci, altrimenti perdi il filo logico. Chi di noi non ricorda il disappunto di un’interrogazione andata male perché il prof ci aveva chiesto cose fatte mesi prima giá dimenticate. Eh giá, ma aveva un senso.Insomma, per lo meno al liceo, prima di arrivare a Picasso ci metti cinque anni, per dire. Ecco. Invece qui tutti devono dire la loro per qualsiasi cosa. Politica, affari, finanza, scienze sociali senza capirci un cazzo; è un diritto, capisco. Ma quelle che sono le risorse infinite del web in cui, finalmente il materiale della cultura è a disposizione di tutti, stanno diventando un’arma a doppio taglio, come forconi in mano ai dotti e penne agli analfabeti. Io a questa storia che “ognuno puó dire quel cazzo che gli pare” comincio a non credere più, anzi, mi fa paura. Torniamo a scuola, riapprendiamo la capacità di snocciolare un argomento e di approfondirlo fino all’osso prima di azzardare connessioni interdisciplinari che lasciano il tempo che trovano.Ecco. Prendersela, per esempio, con il poliziotto che ha ucciso l’attentatore perchè tanto è nato in un paese che sgancia bombe su Aleppo mi pare che possa decretare la morte del senso critico e il bisogno ahimé di ricominciare da zero e tornare a quel mondo antico in cui prima di dire qualcosa bisognava essere coscienti di saperlo fare, in cui andare fuori tema era un terreno scivoloso dove si avventuravano solo i geni, ecco. E Buon Natale.
Guardando al mondo antico ci si deve ricordare però di come era veramente la situazione: studiare era una cosa esclusivamente per ricchi e potenti.
Tutto questo per dire: ok, oggi c’è una insopportabile confusione e superficialità in giro, ma siamo sicuri che prima fosse meglio? Ecco, al momento io rispondo di no.
Vabbè, mi fermo qui (per ora!) se no mi bannano davvero…
La Macchina Ossuta
Macchina Ossuta è semplicemente il più bel gruppo rock (rock?) nel quale abbia mai suonato. Pezzi originali, anzi, originalissimi; un linguaggio personale che, non avendo riferimenti espliciti, richiede sicuramente una certa dose di impegno nell’ascolto. Non è certo musica da sottofondo, ma, al contrario, è musica che ti impone di fermarti, zittirti, e prestare attenzione ai film per la tua immaginazione che la musica ti suggerisce.

Giri di accordi semplici?
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Il “problema” è assai più grande: quegli accordi (tutti) sono lì da almeno 600 anni [testimoniati nero su bianco; ma nessuno può dire con certezza che non si possa andare ancora più indietro nel tempo].
Quindi circa 25 generazioni di “Autori/Compositori” che dicono sempre le stesse cose (armonicamente). Molto probabilmente è un falso problema: la canzone popolare su questo sistema si basa e probabilmente si baserà per secoli e secoli. Il tempo che ci vuole per accorgersi della ripetitività è mediamente (forse) “mezza vita”… L’altra metà la passi (forse) a cercare qualcos’altro… Poi però muori. E chi nasce dopo di te non riparte mai da dove hai finito tu: riparte da capo! E ci mette “mezza vita” a detestare i “giri di accordi”… cerca altro… muore… e così via |
Franco D’Andrea
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Ricordo un Duo con Konitz alla Flog (di qualche anno dopo) dove suonarono quasi solo standard:
D’Andrea suonava come se Monk avesse continuato a vivere evolvendo nel frattempo il suo linguaggio armonico e la sua tecnica. Unico. Gli Americani? Nessuno s’è nemmeno mai avvicinato a quella originalità (e quello spessore!). |
Weird time signature…
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That kind of new (around 100 years old) rhythmic values are really useful, and we are still waiting for Notation Softwares to be able to really play those rhythms! And they are not so weird, by the way. For example, the 1/12 note is a plain eight-note at the “speedness” of a eight-note-triplet: you just don’t need to group those notes by three. So for example imagine you are in 4/4 and suddenly you have a 7/12 bar: at that bar you just count “at the speed of eight-note-triple related to the 4/4t” but just until 7… and that bar is over.
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Blob
Gli unici che si sono inventati una forma d’Arte nuova, completamente nuova, alla quale nessuno aveva mai pensato prima, sono quelli di Blob.
Sono stati – e lo sono ancora – dei geni della creatività, oltre che dei sublimi poeti.
Tra qualche generazione questo gli verrà riconosciuto e saranno studiati come grandissimi della Storia dell’Arte.
Ovviamente verrà anche riportato che i loro contemporanei non erano pronti per capirlo.
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